Molto spesso gli imprenditori e/o i loro consulenti/responsabili Hr si pongono il quesito di quale sia il corretto importo da assegnare nei piani di welfare aziendali. Effettivamente l’esatto importo è un aspetto molto importante sotto molti punti di vista: deve giustificare lo sforzo organizzativo e finanziario dell’impresa, deve essere apprezzato dal lavoratore e deve permettere effettivamente un risvolto pratico.
Semplificando: un importo troppo basso di credito welfare non crea interesse e quindi molte volte non viene sfruttato e apprezzato dai lavoratori.
Anche importi troppo elevati possono essere a volte controproducenti: il non riuscire ad utilizzare proficuamente tutti gli importi messi a disposizione e spingere i lavoratori a richiedere cosa che normalmente non ne avrebbero fatto richiesta non è ottimale sul piano della soddisfazione.
È consigliata sicuramente un’indagine preliminare della popolazione aziendale, della loro situazione famigliare e dell’età media di riferimento. È innegabile infatti che chi ha famiglia con bambini/ragazzi a carico con molteplici spese per attività sportive, ricreative e di istruzione trova ampi margini immediati di utilizzo. Anche l’età media è un fattore da non sottovalutare in quanto i giovani normalmente sono più sensibili al tema del welfare e utilizzo di piattaforme tecnologiche.
Vista anche la rapida espansione del welfare aziendale spesso entrambi i coniugi possono essere beneficiari di welfare aziendale, sommando così gli importi a loro disposizione.
Infine il contesto geografico: la vita in centro a Milano o di un’altra grande città italiana è sicuramente più costosa rispetto alle piccole realtà cittadine o rurali.
Quindi, in sintesi, ci sentiamo di affermare che un importo corretto iniziale non deve essere inferiore ai 500/1000 euro annui per salire fino ad un massimo di 2000 euro. Fondamentale poi è dare la possibilità al lavoratore di cumulare il welfare aziendale di anno in anno e di non dare termini stringenti per le scelte e il godimento dei beni e servizi messi a loro disposizione.
Bisogna pensare infine che il welfare crea comunque delle aspettative e che qualora l’esperienza sia risultata positiva i lavoratori si aspettano che i piani aziendali in scadenza vengano rinnovati almeno alle stesse condizioni, se non ad altre migliorative.
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